Lo sforamento anche di un solo giorno del pagamento della rateizzazione ne comporta la decadenza; la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16062, del 7 giugno 2023, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una s.r.l. La Corte ha affermato che la normativa vigente non consente alcuna distinzione tra ritardato versamento e mancato versamento della rata, così che la decadenza dalla rateizzazione si verifica tanto in presenza di un insoluto assoluto di una rata quanto di un tardivo versamento della stessa.

 

ll contenzioso tributario con le Entrate

La pronuncia della Cassazione nasce a seguito della presentazione di un ricorso avverso una cartella di pagamento relativa ad IRES, IVA e sanzioni e dal fatto che la società che aveva ricevuto l’atto aveva contestato la decadenza della rateizzazione per il tardivo pagamento della terza rata di un giorno.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso, compensando le spese di lite.

L’Agenzia delle Entrate aveva impugnato la sentenza dalla Commissione Tributaria Regionale, che a sua volta rigettava il ricorso affermando che il tardivo versamento della terza rata era stato sanato dall’utilizzo della disciplina sul ravvedimento operoso di cui al D.Lgs. n. 472/1997, art. 13, entro il termine di pagamento della rate successive e che, dunque, nel caso in esame, non si era verificato l’omesso versamento di una rata, ma semplicemente un ritardo, poi sanato attraverso il ricorso all’apposita disciplina che permetteva di “sistemare” il ritardo delle rate attraverso il versamento di sanzioni e interessi.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione evidenziando, in particolare, che la Commissione Tributaria Regionale aveva ignorato il D.Lgs. n. 462/1997, art. 3, che annoverava fra le cause di decadenza della rateizzazione il tardivo o carente versamento della rata diversa dalla prima entro la scadenza della successiva; né poteva ritenersi sufficiente il richiamo al ravvedimento operoso, che impediva l’iscrizione a ruolo, di cui all’art. 3-bis, comma 4-bis, soltanto nel caso di pagamento della rata nel termine previsto per la rata successiva, mentre, nel caso in esame, il versamento era intervenuto dopo la scadenza della rata successiva.

La rateizzazione delle somme

Le somme richieste con le comunicazioni di irregolarità possono essere rateizzate con le seguenti modalità:

  • fino a 5.000 euro, le somme possono essere pagate in un numero massimo di 8 rate trimestrali di pari importo;
  • oltre 5.000 euro, le somme possono essere pagate in un numero massimo di 20 rate trimestrali di pari importo.

La prima rata va versata entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Il termine di 30 giorni per il pagamento della prima rata è sospeso tra il 1° agosto e il 4 settembre di ogni anno (D.L. n. 193/2016 – art. 7-quater).

Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al tasso del 3,5% annuo, calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione (la data di elaborazione è riportata sulla comunicazione stessa) fino al giorno di pagamento della rata.
Le rate successive scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre.

Relativamente alle somme iscritte a ruolo per importi fino a 120 mila euro, è possibile ottenere la rateizzazione fino a 72 rate:

  • direttamente on-line tramite il servizio “Rateizza adesso” presente nell’area riservata;
  • compilando il modello R1 da inviare via PEC agli specifici indirizzi riportati all’interno del modello stesso.

La soglia di 120 mila euro è riferita ad ogni singola richiesta di rateizzazione.

Dalla presentazione della richiesta e, finché si è in regola con i pagamenti delle rate, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non iscrive nuovi fermi o ipoteche, né attiva qualsiasi nuova procedura esecutiva.

Con la sola presentazione dell’istanza non viene invece meno l’inadempienza del soggetto verso le PA ai sensi dell’art. 48-bis, D.P.R. n. 602/1973; in tal caso la rateizzazione sarà concessa, se sussistenti i requisiti, al netto delle somme dichiarate disponibili dalle PA e oggetto delle loro verifiche.

Per le richieste di rateizzazione, presentate a decorrere dal 30 novembre 2020, il pagamento della prima rata del piano di rateizzazione determina, altresì, l’estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate a condizione che non si sia ancora tenuto l’incanto con esito positivo o non sia stata presentata istanza di assegnazione, ovvero il terzo non abbia reso dichiarazione positiva o non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.

In presenza di una sospensione giudiziale o amministrativa, è possibile interrompere i pagamenti delle rate, limitatamente ai tributi interessati, per tutta la durata del relativo provvedimento.

Nessuna distinzione tra ritardato e mancato versamento della rata

I giudici di legittimità evidenziano che, secondo un consolidato orientamento della Cassazione, l’attuale normativa non consente alcuna distinzione tra ritardato versamento (come pacificamente avvenuto nel caso di specie) e mancato versamento della rata (Cass. 13 novembre 2017, n. 26776), con il conseguente corollario che la Commissione Tributaria Regionale non ha fatto corretta applicazione del D.Lgs. n. 462/1997, laddove ha affermato che il tardivo versamento della terza rata era stato sanato dalla disciplina sul ravvedimento operoso entro il termine di pagamento delle rate successive e che la decadenza dalla rateizzazione si verificava solo in presenza di un insoluto assoluto di una rata e non anche di un tardivo versamento della stessa.

La società nel ricorso in primo grado aveva precisato che la terza rata era stata versata con un giorno di ritardo del trimestre per mancanza di fondi, facendo ricorso al ravvedimento operoso, versando le relative sanzioni e interessi; anche nell’opposizione in Cassazione la società aveva affermato di non aver corrisposto la terza rata, facendo ricorso al ravvedimento e aveva provveduto al pagamento della terza rata con il modello F24, un giorno dopo la scadenza del pagamento della quarta rata, termine erroneamente indicato nel ricorso per cassazione.

Le conclusioni

Per i giudici di legittimità il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado che, in diversa composizione, si dovrà pronunciare anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.